Lo studio medico dentistico odontoiatrico Coccia di Castellammare di Stabia da più di 30 anni esegue terapie odontoiatriche avvalendosi del

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LASER  Light Amplification by Simulated Emission of Radiation

 

che in italiano vuol dire: amplificazione della luce attraverso emissione stimolata di radiazioni. Si tratta di energia radiante emessa da una fonte che può essere un solido (diodi ed erbio) un liquido o un gas (CO2).

Il laser è un apparecchio in grado di convogliare in uno spazio limitato una elevata quantità di energia sotto forma di radiazione luminosa. La luce emessa dai laser è contenuta all’interno dello spettro elettromagnetico nelle regioni dell’ultravioletto, del visibile e dell’infrarosso, presenta cioè lunghezze d’onda comprese tra 10-5 e 10-2 cm, ossia tra 100 e 10 000 nm e frequenze relative comprese tra 1013  e 1015 Hz .

Il dr Luigi Coccia già negli anni ’80 utilizzava apparecchi della American dental laser e organizzava corsi di formazione in questa materia.

Il dr Alberto Coccia, consapevole di tale risorsa ha approfondito i suoi studi in tal senso ed ha proposto con attenzione nelle sue due tesi di laurea il laser odontoiatrico come argomento di studio.

 

Di seguito sono riportati alcuni estratti del lavoro della tesi del dr Alberto Coccia

 

Laser per uso odontoiatrico

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Le apparecchiature laser si differenziano a seconda   dell’elemento attivo e  per il  tipo di luce emessa  che si dispone,  a seconda della lunghezza d’onda,   a formare lo spettro elettromagnetico.

Ulteriore differenziazione va fatta anche in base al loro impiego clinico.

Gli effetti della luce laser,   dipendono dall’interazione   che avviene   tra   la lunghezza d’onda  della radiazione e  l’ assorbimento con il  tessuto bersaglio.

La lunghezza d’onda, a sua volta,  dipende dalle caratteristiche  dell’elemento attivo e  da altri fattori   che sono responsabili degli effetti clinici quali: la potenza,  tempi di applicazione  e  modalità  pulsata  e   non pulsata.

Possiamo quindi avere,  in base al tipo di laser,  effetti: biostimolanti, antalgici, antimicrobici, antinfiammatori ed emostatici.

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I laser  utilizzati più frequentemente sono: 

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Laser Argon (gas):  l= 490-520 nm, ha una specificità per la polimerizzazione delle resine dentali ed è usato come catalizzatore: è in grado infatti di polimerizzare le resine composite in modo più veloce, facendole risultare più dure che con le lampade convenzionali.

Funge da catalizzatore anche per le sostanze comunemente utilizzate come sbiancanti dentali (perossido di carbammide al 20%).

In parodontologia il laser ad argon è utile per la capacità di diminuire l’indice di sanguinamento e la profondità delle tasche. Sia nel caso di l=514 nm che 480 nm. Il laser ad argon può essere utilizzato nell’individuazione di carie poiché quando la luce illumina la lesione cariosa, essa assume una colorazione rosso scuro.

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Laser Nd:YAG (solido) (Ittrio-Alluminio-Granata): con lunghezze d’onda di 1064 nm, è tra i laser più diffusi in campo odontoiatrico, ha una durata dell’impulso che va da 100 a 300 m/sec che può essere variata a seconda delle necessità.

La pulsazione del raggio può variare da 1 a 360 mj con una capacità complessiva da 0,5 a 10 W. La cortissima  ampiezza della pulsazione rende l’energia pulsata troppo veloce per stimolare una reazione nervosa e consente di operare sia su tessuti duri che molli senza effettuare anestesia.

Il fascio laser prodotto dalla sorgente interna è trasmesso da fibre ottiche flessibili di differente diametro (200 µm,320 µm ,400µm e 600 µm), che consentono un facile accesso a tutte le zone del cavo orale e una estrema precisione nel controllo della direzione.

Essendo la lunghezza d’onda del raggio laser Nd:Yag nell’infrarosso e quindi invisibile, contemporaneamente a tale fascio viene emesso un raggio pilota di colore rosso.

Il laser Nd:Yag è utilizzato in patologia e in piccola chirurgia orale, in campo endodontico, per trattamenti dentali come ad es. la desensibilizzazione dei colletti e monconi protesici e come compendio nella cura della malattia parodontale.

Nella clinica le tasche vengono trattate con laser pulsato Nd:YAG veicolato da una fibra ottica di 320 micron, con una potenza che va da 100 a 120 mj e una frequenza di 10-15 Hz, inserendo la punta di quest’ultima fino al fondo della tasca parodontale, mantenendola parallela alla superficie radicolare e compiendo dei lenti movimenti a più riprese in direzione orizzontale e verticale, tali da colpire la superficie epiteliale, il tessuto connettivale e quello di granulazione.

Vengono effettuate due applicazioni di 60 secondi ciascuna ed il campo operatorio viene raffreddato con un getto di aria e acqua spray.

Studi in vitro pregressi hanno mostrato che la superficie dei denti trattati presentava aree carbonizzate, di crateri, di zone deprivate del cemento con esposizione della sottostante dentina, di segni di fusione e risolidificazione della fase mineralizzata.

Tutto ciò impedirebbe l’attacco dei fibroblasti. Tuttavia, il raffreddamento ottenuto con uno spray di acqua e aria e il mantenimento della fibra il più possibile parallelo alla superficie radicolare minimizzerebbe gli effetti negativi (3).

L’ Nd:YAG non distacca il tartaro dalla superficie radicolare, ma ne favorisce il distacco per l’accumulo di energia che si ha all’interfaccia tra il tartaro e il cemento. Inoltre dalla parete epiteliale della tasca si verifica uno sfaldamento dell’epitelio con effetto simile al courettage.

All’applicazione del laser deve seguire una strumentazione meccanica con strumenti manuali o ultrasonici per asportare il tartaro e gli strati superficiali del cemento in cui è più alta la concentrazione batterica.

Studi condotti hanno mostrato che durante il trattamento con laser, non si è avuta necessità di ricorrere ad anestesia né a farmaci antidolorifici dopo il trattamento.

Inoltre non si sono riscontrati problemi di sanguinamento successivi all’applicazione grazie all’azione emostatica dell’ Nd:YAG.

Una ricerca fatta sul trattamento non chirurgico delle tasche parodontali con scaling e root planing associato all’utilizzo dell’Nd:Yag ha mostrato che, in effetti, non c’erano differenze sostanziali tra la strumentazione convenzionale e quella  associata al laser a distanza di un anno dal trattamento. Tuttavia i siti trattati in maniera combinata, presentavano un minor numero di tasche con segni attivi della malattia parodontale soprattutto in quei punti in cui vi era una severità maggiore della patologia.

E’ stato poi evidenziato che la terapia combinata sembrava produrre risultati migliori lì dove le profondità di sondaggio erano maggiori e gli elementi dentali erano pluriradicolati (e quindi più difficili da strumentare manualmente e meccanicamente) suggerendo che l’effetto del laser incrementasse l’efficacia della strumentazione convenzionale.

Questi risultati possono essere ricondotti prevalentemente all’azione antibatterica dell’Nd:Yag laser e alla sua capacità di produrre una modificazione nell’ecosistema batterico della tasca favorevole ai meccanismi di difesa dell’ospite.

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Laser a Erbio:Cr:YSGG (Cromo Ittrio-Scandio-Gallio-Granata); YAG (solido): Questo laser è stato introdotto in Europa nel 1989 e ha avuto approvazione da parte della FDA (Food and Drug administration) solo nel 1997.  Le lunghezze d’onda di lavoro sono 2780 nm per quello Er,Cr:YSGG e 2940 nm per l’ER:YAG e sono utilizzati solitamente per trattare tessuti duri data la loro affinità per l’acqua e l’idrossiapatite.

Il laser ad Erbio opera in regime pulsato da 4 a 50 Hz e la durata del singolo impulso varia da microsecondi (milionesimi di sec.) a nanosecondi (miliardesimo di sec.) .

I manipoli lavorano a contatto (zaffiro cilindrico) o a distanza con uno spot di energia di 700 micron.

Il laser erbio interpone delle molecole di acqua tra il raggio e il tessuto, la lunghezza d’onda ha un alto coefficiente di assorbimento per l’acqua e per l’idrossiapatite e questo permette un effetto ablativo sui tessuti duri (smalto e dentina) . L’ablazione deriva dalla micro esplosione di molecole d’acqua che genera una pressione elevata che rimuove il tessuto duro (capacità ablativa dell’acqua).

L’effetto termico inoltre provoca una rapida evaporazione dei tessuti ricchi di acqua come quelli cariosi e preserva l’idrossiapatite sana dalla fusione dei tubuli; infatti i tubuli dentinali restano aperti anche in virtù della cinesi idrica dello strumento laser.

E’ un laser che ha capacità di taglio di tessuti duri ( dentina, smalto, cemento e osso ricchi di acqua ) ma anche dei tessuti molli (senza avere la proprietà emostatica di quello a diodi e CO2).

L’azione dell’erbio sul dente è positiva in quanto:

Molti pazienti hanno fobia  del “trapano” poiché associano il sibilo e la vibrazione al dolore. La radiazione dell’erbio elimina il sibilo della turbina e la vibrazione, dunque l’impatto sulla psiche del paziente è estremamente positivo.

Le vibrazioni delle frese diamantate ad altissima frequenza sul dente provocano delle micro fratture soprattutto su denti devitalizzati (che hanno perso la componente elastica della dentina) ponendo le basi per una propagazione delle linee di frattura in virtù del carico occlusale.  La radiazione dell’Erbio ha un’azione priva di micro-vibrazioni meccaniche poiché agisce generando l’esplosione della compente acquosa presente nella struttura dentale (ablazione) e dunque si osserva l’assenza di micro-cracks a livello smalto-dentina.

Il paziente difficilmente avverte dolore poiché il raggio di energia non produce effetti secondari che possano propagarsi alle fibre algogene presenti all’interno del dente quindi l’ablazione del tessuto cariato con energia erbio avviene spesso evitando l’uso di anestetici.

L’azione su smalto, dentina e osso avviene con l’esplosione delle molecole di acqua e con ablazione e distruzione pressoché totale del tessuto danneggiato. Ciò significa eliminare la contaminazione del campo operatorio da residui organici e inorganici.

I laser ad erbio di ultima generazione vengono impiegati in campi decisamente differenti da quelli tradizionali quali la decontaminazione dei canali in endodonzia, la chirurgia resettiva ossea in implantologia e chirurgia maxillo facciale con la capacità di non creare necrosi ossea (come accade con gli strumenti rotanti), e la capacità di eliminare, in parodontologia, il cemento necrotico e i residui di tartaro dalla sulla superficie radicolare esposta.

Nella clinica i denti sono irradiati a 140-160 mj/10 Hz, equivalente ad una densità di energia di 83/94 J/cm 2.

Le fibre laser vanno inserite fino al fondo della tasca parodontale intorno al dente effettuando movimenti apico-coronali in direzione parallela alla superficie radicolare con un’angolazione di 30o. Il tempo richiesto per il trattamento di ogni singola tasca è di 7 minuti per i denti monoradicolati e di 10 per i pluriradicolati.

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Trattamento laser a cielo chiuso con asportazione delle concrezioni sottogengivali e del tessuto di granulazione con conseguente riduzione dei batteri.

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L’Er:YAG laser è stato riportato essere il laser più efficace nel trattamento delle parodontiti: alcuni studi hanno mostrato la sua efficienza nella rimozione del tartaro dalla superficie di denti parodontitici, riducendo gli effetti termici ed evitando modifiche strutturali della superficie dentinale.

Numerosi studi hanno mostrato che il sistema di raffreddamento evita danni termici come la carbonizzazione e vetrificazione della superficie irradiata. La strumentazione manuale lascia la superficie radicolare solcata da crateri e avvallamenti, contrariamente alla strumentazione con laser che lascia invece la superficie uniformemente rugosa.

Questo effetto di “debridment” sulla superficie radicolare è aumentato dagli effetti antimicrobici dell’ Er:YAG che provvede a rendere più levigata e decontaminata la zona trattata. In tal modo, le superfici sembrano offrire migliori condizioni di aderenza ai fibroblasti rispetto alle procedure tradizionali.

L’uso dell’ER:YAG rispetto alla strumentazione tradizionale offre il vantaggio dell’effetto battericida, della degradazione e rimozione delle endotossine e dell’effetto ablativo senza produzione di smear layer.

Il meccanismo ablativo del laser ad Erbio, si basa sulle proprietà ottiche della sua lunghezza d’onda di emissione e sul tipo di tessuto col quale questa interagisce. Durante l’irradiazione, l’energia laser viene assorbita selettivamente dalle molecole d’acqua e dai componenti organici, causando l’evaporazione dell’acqua e dei componenti organici creando così un effetto termico dovuto all’innalzamento della temperatura (evaporazione fototermica).

Inoltre, il vapore prodotto, induce un incremento della pressione interna alla zona bersaglio provocando una espansione esplosiva chiamata microesplosione. Questi effetti dinamici causano il collasso meccanico del tessuto provocando, appunto, una ablazione “termomeccanica” o “fotomeccanica”.

Il tartaro contiene acqua sia nella sua struttura microporosa che nei suoi componenti intrinsechi, è per questo che il laser ad Erbio è in grado di rimuoverlo irradiandolo a livelli energetici più bassi rispetto ad altri tessuti duri che presentano inferiori quantità di acqua (smalto, dentina, cemento, ecc.)

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Laser a CO2 (gas): con lunghezze d’onda 9600-10.600 nm, è stato tra i primi laser sperimentati in odontoiatria e trova in chirurgia orale il suo miglior impiego. Infatti, presentando un’alta affinità per l’acqua, è molto efficace per la chirurgia dei tessuti molli che ne hanno un alto contenuto.

Ha, inoltre, capacità emostatiche e battericide.

Il laser a CO2 usato sulla superficie radicolare (tessuto duro) in modalità continua, provoca vetrificazione, carbonizzazione e crepe su smalto e dentina, non era quindi indicato sui tessuti duri. Tuttavia, negli ultimi anni, sono stati condotti numerosi studi in merito all’impiego del laser a CO2 per il condizionamento della superficie radicolare e per la rimozione del tartaro.

Misra et al. hanno infatti riportato in uno studio in vitro, gli effetti di questo laser utilizzato in modalità defocalizzata per il condizionamento delle radici precedentemente sottoposte a scaling e root planing.

L’irradiazione a 3W per 1 s delle superfici, ha mostrato la completa rimozione dello smear layer con un minimo cambiamento nel diametro dei tubuli dentinali.

Barone et al. hanno poi valutato gli effetti di questo laser utilizzandolo in modalità defocalizzata pulsata, a 2 W e 4 Hz a 4mm di distanza dal bersaglio. Hanno dimostrato assenza di danni termici con il vantaggio di decontaminare  la superficie radicolare.

Crespi et al. inoltre, hanno mostrato che, dopo trattamento ad 2 W e 1 Hz in modalità pulsata defocalizzata, radici di denti parodontitici mostravano un attacco migliore dei fibroblasti rispetto a quei denti “controllo” trattati solo con scaling e root planing.  Essi hanno concluso che, utilizzato con queste modalità, il laser a CO2 combinato con la terapia causale meccanica tradizionale, costituiva un ottimo strumento per il condizionamento radicolare. Se usato con una modalità energetica relativamente bassa e in modalità pulsata e/o defocalizzata, questo laser può garantire il condizionamento radicolare, detossificazione ed effetto battericida delle zone trattate.

Tuttavia studi clinici sull’applicazione del laser a CO2 nelle tasche parodontali sono ancora in via di svolgimento.

Il laser a CO2 ha inoltre la caratteristica di controllare perfettamente il sanguinamento con diminuzione dell’edema post-chirurgico poiché oblitera i vasi sanguigni con meno di 1 mm di diametro e i capillari linfatici.

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Laser a diodi Ga-As-Al (solido a semiconduttore) (Arseniuro di Gallio e Alluminio):  con lunghezza d’onda di 830-980 nm è un laser molto versatile infatti può essere utilizzato sia in campo estetico come attivatore dei processi chimici di prodotti come il perossido di carbammide e il perossido di idrogeno, sia in parodontologia come strumento di compendio nel trattamento delle gengiviti e delle tasche (12).

Il laser a diodi ha un’alta capacità di penetrazione dei tessuti molli che può arrivare sino a 3-4 mm senza provocare alcun danno tissutale. Rispetto al laser a CO2  risulta essere meno dannoso nell’area del tessuto circostante l’intervento, inoltre il costo dell’apparecchio è sicuramente inferiore a quello di un laser ND:YAG o a CO2. Il raggio prodotto da questo apparecchio, così come il laser a ND:YAG, viene assorbito efficacemente dalle sostanze “scure” come l’emoglobina e la melanina, mentre non risulta essere molto alto l’assorbimento in acqua, a differenza del laser ad erbio.

Le potenze usate in odontoiatria vanno da pochi mW (azione antalgica e biostimolante) fino a 10 W. L’emissione della radiazione può essere continua o pulsata con un manipolo in  fibra di vetro con diametro che va da 200 a 600 Micron .

Il Laser a diodi vanta grande precisione, affidabilità e visibilità del campo operatorio poiché c’è un elevato controllo dell’emostasi. I tessuti inoltre non  subiscono danni da propagazione incontrollata del calore. La punta del laser deve essere usata sempre in movimento per impedire l’accumulo di energia puntiforme ed è consigliabile utilizzare la modalità di emissione pulsata in prossimità di strutture delicate come quelle parodontali.

La guarigione dei tessuti è molto più veloce in regime pulsato ma in questo caso l’operatività subisce un leggero rallentamento.

Il laser a diodi è indicato per la chirurgia, per rimodellare gengiva ipertrofica (in conservativa) o in protesi, oppure in implantologia.

Il rimodellamento gengivale avviene in campo asciutto e permette al clinico di effettuare restauri di conservativa o presa dell’impronta nella stessa seduta, proprio in virtù dell’ottimo controllo dell’emostasi.

L’emostasi del laser 980 nm è conseguente all’ accentuata affinità della radiazione all’emoglobina e non all’azione cauterizzante tipica dell’elettrobisturi. Ciò significa che l’insulto tissutale è praticamente nullo, ragion per cui la guarigione è rapida e priva di inconvenienti per il paziente.

Questi interventi possono essere eseguiti anche senza anestesia locale in regime pulsato (per individui che tollerano bene l’energia laser), e comunque la ferita chirurgica guarisce più velocemente dei sistemi tradizionali (vedi elettrobisturi) senza fastidi post chirurgici quali edema, infiammazione e dolore.

E’ indicato inoltre per interventi chirurgici quali incisioni di ascessi, fibromi della guancia e del labbro, emangiomi, frenulectomie, escissioni di neoformazioni da decubito protesico.

Con il laser a diodi è possibile trattare anche ipersensibilità dentinali che rappresentano un grave problema per alcuni pazienti poiché rendono complesse sia l’igiene professionale che domiciliare. Si viene a creare un circuito vizioso per cui la placca irrita i colletti e l’iper-sensibilità (causata anche dalla presenza di placca batterica) impedisce la rimozione completa della placca stessa.

Si applica alla superficie radicolare pulita (anche con mordenzante magari diluito) una soluzione acquosa di NaF (a concentrazione salina molto alta) e si irraggia per 20 sec. con 1 W in CW con la fibra da 600 micron.

Si provoca una precipitazione del NaF e un’occlusione dei tubuli con il blocco delle sottili fibre nervose.

In parodontologia il laser a diodi può essere utilizzato nella prima fase di trattamento per decontaminare e desensibilizzare i denti (1 W, 34 millisec pulsato a 25 Hz).

Per decontaminare si scende e si sterilizza sia la parte dentale che gengivale. Numerose ricerche hanno evidenziato che il laser a diodi facilita la rimozione dei batteri dalle tasche parodontali inducendo una migliore guarigione: Moritz et al. hanno infatti riportato i risultati dell’irradiazione con il laser a didodi dopo scaling convenzionale. Per quanto riguarda la desensibilizzazione deve essere fatta con defocalizzazione (a 2-3 W a 2 mm di distanza) per evitare la vetrificazione della dentina e l’intrappolamento dei germi all’interno dei canalicoli occlusi.

La decontaminazione può avvenire sia a cielo coperto che aperto.

Dopo la levigatura con ultrasuoni si esegue un trattamento delle tasche da 1.80 a 3.20 W e 34 millisecondi di pulsato.

Nella chirurgia implantare con il laser a diodi si può ottenere un rimodellamento dei tessuti perimplantari quando la fibromucosa è eccessivamente spessa e la collocazione del collo dell’impianto è eccessivamente profondo. Può essere inoltre utilizzato nel trattamento delle perimplantiti in associazione con inoculazione topica di metronidazolo a fine seduta. La proprietà del diodo è quella di lasciare inalterata la superficie dell’impianto e di svolgere l’azione di decontaminazione e di biostimolazione sul tessuto perimplantare. L’uso dei diodi è molto utile anche nella chirurgia implantare più impegnativa (espansione di cresta e riposizionamento di lembo).

In questi casi l’energia laser ha la proprietà di chiudere i microvasi eliminando l’ematoma e l’edema post chirurgico.

In definitiva da un punto di vista clinico il Laser a Diodi si rivela particolarmente utile per diversi motivi :

• Completa sterilità della fonte energetica

• Minor aumento della temperatura sul bersaglio trattato in confronto con altri Laser ( Nd:Yag,CO2 ecc. ), che si traduce in un minor insulto del tessuto con conseguente migliore qualità di guarigione e migliore post chirurgico.

• Minimizza la necessità di utilizzo dell’anestetico. Questo è un vantaggio clinico in quei casi dove i pazienti possono essere particolarmente sensibili all’ago e/o nel trattamento dei bambini.

• Perfetto controllo dell’emostasi dovuto principalmente all’ottima affinità con l’emoglobina

• Minima indispensabilità dell’applicazione dei punti di sutura

• Minimo danno al tessuto circostante l’area del trattamento

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Laser ad Erbium in Conservativa

Le caratteristiche fisiche di un laser influenzano la loro capacità di interagire con smalto dentina e tessuto cariato.

Questo concetto in realtà merita un approfondimento, in quanto tradizionalmente, siamo abituati   a pensare ed agire  in termini di asportazione meccanica di tessuto    che avviene  per contatto ed usura progressiva a mezzo di frese.

L’asportazione di tessuto con la tecnologia laser è, invece, dovuta principalmente alla interazione fototermica sviluppata dalla luce laser e alla interazione fotomeccanica dovuta alle onde d’urto    che sono generate dalla microesplosione delle molecole d’acqua e non avviene quindi  per contatto.

L’emissione del raggio laser    dista dal tessuto bersaglio    da 1 a 15 mm    a seconda delle diverse strumentazioni.

La prepazione cavitaria in conservativa   sappiamo deve assolvere ad alcuni principi base

1_ deve avere un disegno di cavità che assicuri stabilità meccanica al restauro;

 2_ deve fornire un substrato idoneo al materiale di ricostruzione, assicurando una elevata adesività ed ermeticità;

 3_ deve anche rispettare e mantenere ovviamente la vitalità pulpare.

Le terapie conservative effettuate con i laser ad erbium rispettano questi concetti e permettono preparazioni cavitarie idonee.

Risultano inoltre efficaci anche in interventi di incappucciamento pulpare.

In più vi è  associato sempre anche ad un elevato potere detossificante.

Il disegno cavitario, preparato con il laser, si differenzia in modo sostanziale da quello tradizionale grazie ad una rimozione del tessuto estremamente selettiva per la sostanza demineralizzata e    cioè quella più ricca d’acqua.

Inoltre, il disegno cavitario segue la forma del processo carioso generando così pareti e fondo di cavità prive di smear layer, che risulteranno irregolari e con orifizi tubulari ben aperti e matrice collagenica vaporizzata.

Apprezziamo anche una maggiore ablazione a livello intertubulare che è più ricca in acqua, rispetto alla zona peritubulare.

Il tutto avviene ovviamente in modo microinvasivo e quindi nel rispetto del tessuto sano.

Inoltre la preparazione eseguita con il laser ad Erbium produce solo un modesto aumento di temperatura in camera pulpare così come ridotta è la pressione endocavitaria  riducendo al minimo l’irritazione fisico-meccanica  presente nelle preparazione eseguite con strumenti   rotanti   e    meccanici tradizionali.

C’è da dire anche che la decontaminazione batterica ottenuta con la preparazione laser è estremamente elevata ed in caso di esposizione pulpare accidentale,   la preparazione laser risulta efficace nel creare un campo altamente decontaminato ed asciutto grazie anche all’effetto coagulante.

L’erbium laser lavorando in  ASSENZA DI CONTATTO  provoca quindi un impatto soft con minor  disconfort  per il paziente, sopratutto in quelli  fobici  e pediatrici.

Questo aumenta sicuramente la compliance del nostro paziente, il quale  grazie anche all’assenza o ridotto uso di anestetici si sottopone con più fiducia al trattamento odontoiatrico.

L’ approccio con tecnologia avanzata sia come  strumento alternativo   che  come  strumento di complemento

va associato comunque sempre ad una corretta tecnica di utilizzo, in quanto il laser,  strumento preciso per definizione,

può perdere parte delle sue caratteristica di precisione.

Nell’immagine in basso vediamo una superfice dentinale trattata con laser ad erbio settato ai seguenti parametri e cioè:

a 20pps con energia di 125mJ e con una potenza quindi di 2,5W

possiamo notare appunto i tubuli dentinali  aperti e senza smear layer;

Sono presenti inoltre irregolarità di superficie, con rilievi ed avvallamenti dovuti alla vaporizzazione a livello intertubulare.

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In Endodonzia ci  si può avvalere di diversi laser

I laser ad Erbium appartengono alla regione dei medium infrared  e sviluppano un energia termica  assorbita prevalentemente in superficie, 100 micron  sui tessuti molli e 300/400 micron sulle pareti dentinali .

Hanno elevata affinità per i tessuti dentinali  ricchi di acqua    dove esercitano il più completo potere battericida .

Non sono però in grado di esercitare   una buona detossificazione in profondità quindi nei canali laterali.

Quando utilizzati in soluzione acquosa, l’esplosione delle molecole dell’acqua genera un effetto fotomeccanico che partecipa al processo ablativo e di detersione.

 Ottima è la riduzione dello smear layer  prodotto dalla strumentazione.